martedì 2 aprile 2013

Pixel, liane e fantasia

"Alessandro, lo vedi? Quello sei tu! L'omino sei tu!"
Mio figlio Alessandro ha solo 2 anni e 8 mesi, non parla ma è molto intelligente: riconosce già i numeri da 0 a 9 e ha già tenuto nelle sue manine moderni gamepad e joystick digitali d'epoca. Oggi ha affrontato la sua prima sessione di gioco alla versione C64 di Pitfall (al secolo Pitfall Harry's Jungle Adventure, Activision 1983). Non potevo fare a meno di domandarmi cosa accadesse nella sua testolina mentre si entusiasmava a vedere come ai movimenti dello stick corrispondessero i movimenti di quel curioso omino sullo schermo. E niente mi toglie dalla mia -di testolina- che il gameplay ridotto all'osso e soprattutto la spartana essenzialità della grafica siano veicoli per stimolare la fantasia, spinta a colmare le lacune, i "buchi di realismo" con i propri sforzi. La mente è chiamata a decodificare le rappresentazioni sintetiche quando non addirittura simboliche proiettandone i significati in un mondo tutto personale, in una visione intima diversa da quella di ogni altro fruitore, seguendo un procedimento analogo a quello della rappresentazione fantastica che deriva dalla lettura di un libro. Niente e nessuno riuscirà a dissuadermi dal pensare che tutto ciò sia molto meno passivo e molto più stimolante che trovarsi davanti a un gioco dalla grafica fotorealistica sbattuta in faccia così com'è.
Per il mio pargoletto è stato come vedere uno di quei libri di fiabe illustrati da disegni semplici e stilizzati che lasciano spazio alla "visione" interiore, alla fantasia pura.
Un esperimento da ripetere. Davanti a un giocone-film moderno violento e realistico non metto mio figlio, ma una partita a una fiaba colorata e interattiva fatta di forme semplici e fantasiose si accorda bene con la sua mente e il suo cuore.

Che dire del primo preistorico Pitfall? Che era una conversione dall'Atari 2600 dell'originale del 1982, che nulla diceva delle potenzialità del C64 e, anzi, conserva tutta la ripetitività dell'originale. Era (ed è) un osso duro e indubbiamente merita un posto tra i superclassici.
Avercene!

sabato 30 marzo 2013

Si stava meglio quando si stava peggio?

Sono un nostalgico, un patito del retrogaming, confesso. Tuttavia non intendo affermare che i giochi di una volta fossero migliori di quelli odierni: non è quella la mia tesi. Io non ho tesi ora come ora. Voglio solo gustare la bellezza di un passato glorioso e irripetibile, un passato pionieristico che il presente, strozzato dall'estrema potenza di calcolo, dal 3D, dalle altissime risoluzioni, non può ricreare. Nel presente c'è un'altra bellezza.



Ho sempre cercato di far coesistere l'anima del passato e quella del presente, pensando che in fondo è meglio possedere entrambe le esperienze come bagagli preziosi piuttosto che una sola.